martedì 5 gennaio 2010

L'inclassificabile: ricordi di Stanislaw Lem.


Appena ora che sfioro i miei 30 anni mi sembra di iniziare a capire qualcosa (ma e' ancora un qualcosa di molto vago).
Leggendo le opere di Stanislaw Lem mi appare per un istante tutto piu' chiaro ed e' cosi che ripeto e ripeto ancora il viaggio...
Mi piace molto il "ricordando di Lem" ad opera di Pablo Capanna; ed e' per questo che trascrivo il suo affetto nelle parole da lui pronunciate:

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L'inclassificabile.
E' passato del tempo da quando i suoi libri non si trovano più in saldo e a nessuno interessa più rieditarli. Sono passati molti anni senza che ci arrivassero sue notizie, e la sua morte ci ha colto di sorpresa. Lem sembra essere così dimenticato che i giornali non si ricordano più nemmeno come si scrive il suo nome. Ho seguito Lem come lettore e critico per più di quarant'anni, vedendolo crescere fino a diventare Autore, inconfondibile e con la A maiuscola. Poco tempo fa mi sono perfino avventurato in una grande iniziativa in Spagna per rendergli un omaggio. A Barcellona c'è una rivista che si chiama Gigamesh (non Gilga-mesh, ma proprio Giga-mesh) che ha preso il suo nome da un celebre testo di Stanislaw Lem. Gli editori hanno dovuto organizzare un concorso perché i lettori più giovani si accorgessero della ricorrenza. Lem immaginò un irlandese che, per lo scandalo dei teorici, ha prodotto un testo molto più criptico dell'Ulisse di Joyce. Su questa base è nata un' orgia speculativa, un vero casino. Anni più tardi, lo scrittore Luis Goytisolo si unì al gioco. Quindi il sottoscritto è stato invitato ad aggiungersi, ed ecco nascere il libro. Una vera catena di Sant'Antonio, insomma, anche se più divertente di quelle che ci sono su Internet. Forse tra poco gli editori si decideranno a pubblicare tutto, a patto che qualche supplemento citi esplicitamente Lem. A questi livelli, quando è quasi impossibile delimitare ciò che si intende per fantascienza, se c'è una cosa sicura è che Lem fu prevalentemente uno scrittore mainstream. Bisogna avere forti pregiudizi sui generi letterari per relegare con tranquillità Lem sui banchi della fs. Partendo da un inizio poco più che promettente, Lem crebbe come autore fino a diventare inclassificabile e guadagnarsi un posto nella grande letteratura del Novecento. Ogni nuova rilettura della sua opera è un piacere intellettuale, un qualcosa che non accade spesso. Un altro grande, Arthur Koestler, osservò che Lem aveva saputo creare un suo proprio genere, senza chiederne il permesso ai teorici.

Lem il "prudente"
Lem è tra i grandi sopravvissuti del Novecento: è sopravvissuto al nazismo e allo stalinismo, all'URSS e all'esilio, e perfino alla globalizzazione. In un mondo in cui i filosofi si definiscono "lucidi", gli incendi "danteschi" e in molti amano il termine "kafkiano", proverò a definire Lem "prudente". Molti non saranno d'accordo, pensando ai suoi testi più deliranti. Lem ammirava Borges, e sotto le sue disquisizioni barocche esiste un metodo. Paradossalmente, la sua prudenza si aggancia sia al rigore scientifico, sia all'humor, che è il migliore antidoto al dogmatismo. Stanislaw Lem (1921-2006) nacque a Lvov(Ucraina) quando la città si chiamava Lemberg e apparteneva alla Polonia. Da bambino era solito inventarsi paesi immaginari, animali e oggetti impossibili. Un test scolastico lo segnalò come il bambino più intelligente della Polonia meridionale. Poiché la sua famiglia aveva una vaga origine ebraica, l'occupazione nazista la spogliò di ogni avere, ma comunque riuscirono a salvarsi la vita ottenendo documenti falsi. L'adolescente Stanislaw, che studiava medicina e lavorava come saldatore in una fabbrica di automobili, era abbastanza audace per svolgere attività clandestine, come aiutare i suoi amici partigiani a rubare armi dai depositi della Luftwaffe e a spedirle poi alla Resistenza. Dopo la guerra arrivò il regime comunista. I Lem si trasferirono a Cracovia, dove si adattarono a vivere in un monolocale. Stanislaw svolse diversi lavori, studiò medicina e lavorò a tempo perso come ostetrico. Da studente aveva già pubblicato poesie in una rivista cattolica e scriveva racconti in un periodico popolare. In seguito divenne ricercatore e studiò biologia. Più tardi si interessò di cibernetica, astrofisica, scienze sociali e molte altre cose. In quel periodo cominciò a scrivere novelle di fantascienza in stile sovietico. Una di queste, Il pianeta morto(1951), diventò un best-seller in URSS e nei Paesi del blocco comunista. Negli anni che seguirono al "disgelo" del 1956, poiché c'era più la libertà di muoversi, Lem produsse le sue opere più conosciute. Dallo pseudo-realismo didattico si spostò verso la satira nello stile di Jonathan Swift con il Diario delle Stelle(1976), gli irripetibili "racconti dei robot" di The Cyberiad(1965) e la saga del Pilota Pirx. Con Solaris (1961) si addentrò nella speculazione, senza rinunciare alla sua vena satirica. Da professore universitario viaggi? molto per assistere a congressi e conferenze. Questo gli permise di farsi conoscere in Europa e negli Stati Uniti, e soprattutto di scrivere la satira Il congresso di futurologia(1973). Era solito mantenersi lontano dall'ambiente della fantascienza, che detestava, e negli ultimi anni rinnegò addirittura il genere, che vedeva diluirsi nell'"entertainment". Nel 1984 scrisse che la fantascienza si era trasformata in una pattumiera di mediocrità scartate da ambienti più seri". Durante il governo del generale Jaruzelski Lem dovette andare in esilio in Austria e in Germania, e torn? in Polonia solo nel 1988. In un'intervista del 1990 si mostrò atterrito per l'imminente salto del suo Paese verso l'economia di mercato. La nuova versione cinematografica di Solaris curata da Soderbergh deve avere contribuito a deprimerlo.

Lem e i romanzi
La consacrazione come scrittore "colto" giunse a Lem quando Solaris di Andrei Tarkovski arrivò al cinema. La versione di Lem è diversa da quella del film che, pur essendo magistrale, prende la novella solo come pretesto; tant'è che Lem minacciò di citare in giudizio Tarkovski. Entrambi avevano le loro ragioni, entrambi erano geniali, ma appartenevano a specie differenti. Anni indietro, l'isolamento culturale del blocco sovietico aveva fatto fantasticare Lem sulla fantascienza nordamericana. Quando finalmente poté sperimentarla, si sentì defraudato e scrisse un famoso articolo in cui salvava soltanto P.K.Dick, definendolo un "visionario circondato da ciarlatani". Le critiche gli valsero l'espulsione dalla SFWA, l'associazione nordamericana degli scrittori di fantascienza, della quale era socio onorario. Dick, che aveva fama di scrittore di sinistra, in un inesplicabile attacco di follia, vot? a favore dell'estromissione. La sua tappa più brillante fu anche l'ultima; quella che si aprì con Memorie trovate in una vasca da bagno(1961) e culminò con la creazione di un nuovo genere: i prologhi, le recensioni e le critiche di libri che non aveva avuto il tempo di scrivere. Lasciando definitivamente la fantascienza allo stile Efremov che piaceva ai russi, Lem si addentrò nell'assurdo, nel surrealismo, nel grottesco e nella paranoia.

Lem e la scienza
Lem non fu solo romanziere ma anche un brillante saggista. Negli anni ottenne una cattedra universitaria in Futurologia a Cracovia, un posto molto ambito e tenuto in considerazione. Scrisse saggi importanti come L'arte fantastica e la futurologia(1970), Dialoghi(1957), Summa Technologiae (1964) e Filosofia della scelta (1968). Chi li ha letti dice che contengono i fondamenti teorici dei suoi romanzi. Era un intellettuale di enormi qualità e un infaticabile lettore di pubblicazioni scientifiche. Quando gli chiedevano del suo metodo di lavoro dava risposte piuttosto pittoresche. Era solito paragonarsi a una mucca. L'input della mucca è il pasto e l'output il latte, però, spiegava, nessuno trova residui del pasto della mucca nel suo latte. Come la mucca, Lem impastava la sua immaginazione con la scienza, ma solo per secernere un latte del tutto peculiare, la sua letteratura. Isaac Asimov leggeva tanto di suo, ma le informazioni che lui si limitava ad elaborare, Lem le metabolizzava. Leggendo febbrilmente come Asimov, Lem riusciva a mutare le informazioni in elementi utili per la sua letteratura. Produsse testi pieni di trappole, appellandosi alla complicità di lettori che forse non si sarebbero mai accostati a espedienti del genere, una letteratura più cerebrale che esistenziale, ma senza limitazioni generiche. Lem era capace di rendere romanzesco un saggio, di poetizzare la matematica, di addentrarsi nella metafisica con la scusa di una trama poliziesca e burlarsi così dei potenti del mondo, inclusi quelli che potevano esercitare il loro potere su di lui. Scrisse romanzi polizieschi come La febbre del fieno e L'inchiesta (1959) dove la fisica quantistica occupava il ruolo dell'intuizione del detective. Tra un'opera e l'altra, Lem passava lunghi periodi senza pubblicare, dedicandosi allo studio. Si giustificava con ragioni strane: diceva che la sua intelligenza era primitiva come quella della scimmia di Köhler, che prima di arrivare alle banane doveva rassegnarsi a impilare cassetti. Oppure, che la sua mente funzionava come il serbatoio dello sciacquone, che tarda un po' prima di riempirsi, dopo che qualcuno ha schiacciato il bottone. Qualcuno dirà che non c'è nulla di più soggetto all'obsolescenza della fantascienza "dura", visto il suo stretto legame con le scienza e l'informazione, che cambiano di giorno in giorno. Senza dubbio, invece, i romanzi di Lem, che un tempo si sarebbero qualificati come "hard sf", non invecchiano. Lem non spiegava, ma fantasticava, non rigurgitava informazioni, ma giocava con le parole. La tecnologia delle sue astronavi poteva essere sbagliata, ma quando parlava di "intellettronica" e "fantasmatica" non c'è dubbio che stava pensando a cose ben attuali come l'informatica e il virtuale.

Sui generis
Lem era scettico rispetto a uno dei grandi miti della fantascienza, che col tempo arrivò a ispirare progetti di investigazione scientifica: la ricerca del contatto con intelligenze extraterrestri. In una lunga serie di opere che comincia con Il pianeta morto(1951) e Eden (1959) - quando il tema apparteneva ancora al romanzo - e culmina più di trenta anni dopo con Il pianeta del silenzio (1986) - quando esisteva già il progetto SETI - Lem sostenne che il contatto era impossibile, considerando i cammini radicalmente diversi che l'evoluzione poteva avere preso. Nei suoi libri ci sono contatti, ma la comunicazione è impossibile. Lem sembra essere convinto che l'evoluzione in un certo momento lasci da parte la vita organica, riempiendo l'universo di macchine di Von Neumann. Intelligenze artificiali liberate dalle nostre limitazioni. I suoi robot pittoreschi e per certi altri versi così umani trattano con disprezzo gli esseri organici come noi, considerandoli come inferiori. Così ad esempio Lem fece parlare Golem XIV, il computer perfetto che alla fine aveva superato l'uomo. Con stile arcaizzante che a momenti imita Rousseau il Golem invitava gli umani ad arrendersi. L'intelligenza sintetica risultava essere agnostica: insegnava che l'evoluzione non è che un espediente del codice genetico per sopravvivere a un mondo di puro azzardo, come il "gene egoista" di Dawkins. Il Golem era "il messaggero delle cattive notizie, un angelo venuto per scacciarvi dalla vostra ultima roccaforte, per terminare l'opera che Darwin ha lasciato a metà".

Il trionfo del paradosso
Senza dubbio è nei suoi due libri meno classificabili, tra i quali Vuoto Assoluto (1974) che Lem raggiunge il culmine del barocco e dell'ingegno. Siamo di fronte a una recensione di un libro inesistente, scritta alla maniera di Borges, del quale Lem era un dichiarato ammiratore. Non disponendo di tempo per scrivere libri, Lem optava per l'essere cronista. Sfruttando le possibilità del genere, compila due raccolte di novelle embrionali e di trattati condensati, in cui chiede la complicità del lettore per burlarsi di tutte le vacche sacre, dall'astrofisica alla novella oggettivista. Nelle Memorie trovate in una vasca da bagno (1961) che definiva come una "farsa utopistica", Lem ha affrontato il problema - che un tempo si diceva metafisico - della naturalezza del mondo reale. Tuttavia, Lem incarnava quello stesso problema con il suo particolare stile paradossale. Reclutato da una grottesca Agenzia d'Intelligence, il suo protagonista finisce per trovarsi in situazioni paradossali solo per imparare che tutto si risolve in un messaggio cifrato, frutto di infinite riletture. Non ci sono fatti, insomma, ma solo interpretazioni di fatti. L'aspirante spia, che finora non ha potuto scoprire qual è la missione che gli è stata assegnata, comincia poco a poco a capire che l'Edificio, come il Castello di Kafka, simbolizza la totalità del mondo, e che il Testo che si nasconde dietro il codice è in effetti la Ragione e il Perché, ma è in ogni caso indecifrabile. Lem sospettava che l'universo fosse qualcosa di abbastanza grazioso. Ne La nuova cosmogonia, discorso che attribuiva a un Nobel immaginario, Lem spiega la filosofia a suo modo di vedere ludica dell'universo: il Cosmo è non-creato, ma ha paradossalmente dei Creatori. Le attuali leggi naturali, dice Lem, nascono dal conflitto tra diverse logiche e fisiche; leggi naturali che non sono altro che giochi minori in un più ampio gioco universale. Tutti i processi fisici sono intenzionali in quanto espressioni della volontà di alcuni Giocatori che muovono i loro pezzi. Tuttavia non sono costanti: le leggi fisiche possono cambiare, e lo stanno facendo, come dimostra l'asimmetria tra vita ed entropia. Siamo per Lem pezzi di un gioco cosmico che prima o poi finirà, dando origine ad altri giocatori e a un altro gioco, in quello che per Lem è un ritorno eterno. Insomma, in questo modo l'immaginazione di Lem affrontava, sfruttava e scartava questa e altre cosmogonie che altri svolgevano e illustravano con serietà totale. Un discorso, questo, che a ben vedere potrebbe essere un'altra provocazione. Forse l'opinione dello scettico Lem potrebbe trovarsi in questa parabola delle sue Fiabe per Robot: "- Che posso dirti? - rispose l'anziano.- Quanto ti ho detto non viene dalla scienza, poiché questa non si occupa di quegli aspetti dell'esistenza di cui capita di ridere. La scienza spiega il mondo, ma solo l'arte può conciliarsi con esso. Che sappiamo realmente della nascita del cosmo? E' possibile riempire un vuoto così estremo, ma solo con estrema fortuna, ricorrendo a miti e leggende. Con la mitologia desideravo soltanto tornare ai limiti dell'inverosimile, e mi sembra di esserci riuscito. Anche tu lo sai e ciò che desideri chiedermi è se il cosmo in effetti sia ridicolo. Ma a questa domanda ciascuno deve rispondersi da solo."

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Trovo molto azzeccata anch io l'ironia della parabola mossa in "Fiabe per Robot" che a mio riguardo potrebbe essere interpretata come la chiave di lettura dei "romanzi" di Lem.
Mi piace comunque aggiungere che il pensare di Lem del cosmo come uno scenario (terreno di gioco) per il non creato ad opera di creatori potrebbe trovare la risposta in noi umani come tali, voglio dire: non siamo forse noi gli artefici della nostra esistenza? Non siamo forse noi ad esserci limitati qui in questo mondo per poi (ri)scoprirci, non siamo forse noi gli stessi creatori del gioco?
"Solaris" e' una catapulta che attraverso nebulose dai colori e dalle forme piu' strabilianti ci proietta alla ricerca di noi stessi, di cio' che siamo e di cio' che cerchiamo. Alla ricerca di se stesso (introspezione di se) l'uomo scopre cio' di quanto piu' importante possa esistere, l' amore. Con questo l uomo scopre la verita su stesso (ma a caro prezzo). Lo strumento (l' amore) diventa anche la ragione di vita, di speranza.

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